Tempo fa mi è stato consigliato un cortometraggio interessante da guardare che dimostrava una prova fatta sulla psiche umana:
C’era un numero di persone che doveva auto descriversi per un pittore che non poteva vedere nessuno di loro in faccia, ma doveva fare un ritratto di ognuno in base alla descrizione fornita dalla persona stessa. Nel secondo passo la prova è stata ripetuta con una piccola differenza, il ritratto veniva fatta per le stesse persone in base alla descrizione fornita da un’altra persona. Quindi, alla fine della prova per ogni candidato esistevano due ritratti: uno fatto in base all’auto descrizione e l’altro in base alle informazioni fornite da un’altra persona.
Il risultato stupefacente di questa prova era che puntualmente, il ritratto dipinto in base alla descrizione altrui era molto più bello rispetto a quello realizzato in base a come si era auto descritta ogni singola persona!
Ma perché? Perché è così che guardiamo noi stessi, ci riserviamo l’occhio più severo, critico e spietato, trascurando le nostre qualità oppure sottovalutandole mentre ci impegniamo come dei dannati a rincarare il peso e l’importanza dei difetti e delle mancanze!
Qua sorge la legittima domanda: Quindi come fare per amarsi di più, per apprezzarsi di più o per lo meno non disprezzarsi e mortificarsi da soli? Non voglio illudere nessuno visto che si tratta de “La Domanda da un milione”.
Non si tratta ovviamente dell’impresa impossibile, ma l’onestà intellettuale obbliga a specificare che non è affatto facile trovare il giusto equilibrio tra amarsi e rimanere autocritico in maniera sana e non è nemmeno facile andare a scoprire dove si trovano le radici dei disprezzi che riserviamo per noi stessi.
Serve un percorso mentale e psicologico profondo per trovare e capire le radici per rassicurarsi di affrontare in maniera corretta e adempiente la questione visto che si tratta di un elemento, una convinzione molto limitante e depotenziante che si proietta su tutti gli aspetti della nostra esistenza. Si può scegliere di farsi aiutare da letture professionali, ad esempio Jordan Peterson nel suo “12 Regole per la Vita” dedica ben due capitoli che riguardano questo tema, si può decidere di farsi seguire da uno psicologo o da un coach in un percorso; l’importante è affrontare la questione in maniera approfondita, non rimanere sulla superficie e non cadere nella trappola di concetti motivazionali semplici da masticare. Chi ha percorso la strada impegnativa per cercare, trovare e sciogliere quel nodo irrisolto interno che porta a vedersi e descriversi in maniera così riduttiva, sa bene quanto sia faticosa e complicata e avrà compreso che le ferite dell’anima richiedono una terapia completa e che solo sedare il dolore con un analgesico per quanto possa essere potente, non potrà mai essere la cura definitiva e permanente.
E ricordiamoci che i nodi ogni giorno si formano in noi. Siamo degli esseri umani, degli animali sociali, ogni istante della vita sociale ci espone a qualche dispiacere, delusione e ferita e quindi non bisogna mai smettere di ricercare queste ferite e i nodi irrisolti che si formano dentro di noi. Anche questa ricerca, anzi, soprattutto questa ricerca e il costante impegno per cercare, trovare e guarire le ferite dell’anima è la prova di amarsi e di avere fiducia in sé. Decidere di vivere felice è il miglior dono che ci possiamo fare come prova che ci amiamo.
Grazie Shirin per questo tuo articolo; mi commuovono le tue parole che ci ricordano quanto l'amarsi è frutto di una scelta...quotidiana, spesso difficile, consapevole che ci rende veri protagonisti del nostro cammino! Grazie e...semper ad Astra!